la monetina di Levitt e il ritratto
Quando ci sono di mezzo amicizia, relazioni, vissuto comune o altro, si è legati da rapporti che nel tempo hanno generato consapevolezza reciproca si pongono una serie di complicanze che non sarebbero tali con uno sconosciuto. Stiamo parlando di ritratto.
Un bivio: quello stesso legame che potrebbe rappresentare una chiave di lettura o una cifra espressiva, potrebbe essere al contempo un limite a qualcosa che il ritratto stesso potrebbe riscrivere. Calcificarsi in ciò che è stato potrebbe ostruire la visione di qualcosa che non è ancora emerso e che il ritratto potrebbe rivelare.
Calvino scrisse che “l’occhio non vede cose ma figure di cose che significano altre cose” Così la fotografia va a restituire e significare altro che non è ciò che ha condotto fin lì ma che lì si rivela, in una sorta di novazione.
Un elemento in più da gestire con l’occhio nel mirino. Richiede uno sforzo ulteriore. L’esperienza del soggetto può distrarre. Quasi meglio non guardare, pigiare reset sul processo decisionale.
Scattare e basta. La monetina di Levitt applicata alla fotografia.
Il pericolo è proprio quell’inerzia dello status quo nelle piccole cose, le abitudini in cui mi rintano e che faccio fatica ad abbandonare.
Se davvero è l’unico modo per pigiare il reset, che monetina sia.
Ero partito con un’idea precisa dell’immagine che avrei voluto portare a casa e non era questa.
1 a 0 per Levitt.
Roberta è una cara amica che ama la fotografia e che ritraggo sempre volentieri. Ha un’ottima attitudine da entrambi i lati dell’obiettivo.
Tipo quel giorno che fotografò me.